Come ben sappiamo, i rifiuti non sono tutti uguali. Per questo, quando si parla di smaltimento rifiuti o trasporto rifiuti, ci sono tanti fattori e dettagli da tenere in considerazione, sia per privati che per aziende. La Legge Italiana stabilisce una specifica classificazione dei rifiuti, definiti precisamente, nell’Art. 183, comma 1, lett. A, del D.Lgs. 152/2006, come:
“qualsiasi sostanza o oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”.
Entrando in merito alla classificazione, invece, secondo il comma 5 dell’Art.184 del D.Lgs. 152/2006, i Codici dei rifiuti e le esatte caratteristiche di pericolo di un rifiuto devono essere stabilite dal produttore. Questo ancor prima che il rifiuto lasci il luogo di produzione.
In questo senso, lo stesso comma 1 dell’Art. 183, del D. Lgs. 152/2006 definisce un produttore di rifiuti come il soggetto che:
“produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore)”.
Per una corretta classificazione dei rifiuti, primo passo fondamentale per il loro smaltimento, i produttori possono anche servirsi del supporto specialistico di enti accreditati.
Classificazione dei rifiuti: Urbani, Speciali e caratteristiche di pericolosità
Rimanendo sul Decreto Legislativo 152/2006, i rifiuti vengono distinti, secondo la loro origine, in:
- rifiuti urbani
- rifiuti speciali
oppure, sulla base del loro grado pericolosità, in:
- rifiuti pericolosi
- rifiuti non pericolosi
Ad ogni rifiuto, poi, viene attribuito uno specifico codice riconducibile al Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER), da poco rinominato Elenco Europeo dei Rifiuti (EER). Questa classificazione dei rifiuti, nel dettaglio, viene stilata secondo le operazioni e le fasi di processo che hanno generato il rifiuto stesso, tenendo sempre conto del grado di pericolosità.
Quali sono le differenze tra rifiuti urbani o speciali?
Secondo le Normative in vigore, rientrano nella categoria di rifiuto urbano:
- i rifiuti che provengono dalla pulizia delle strade, della manutenzione del verde pubblico e dei cimiteri;
- rifiuti domestici, dunque quelli prodotti nelle case;
- e rifiuti provenienti dalle cosiddette utenze non domestiche.
Al contrario, i rifiuti speciali vengono distinti nelle seguenti dodici macrocategorie:
- Rifiuti Industriali, provenienti da varie tipologie di industria
- Rottami Metallici
- Oli Esausti
- Emulsioni Oleose
- Gomma Vulcanizzata
- Rifiuti relativi ad Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, o RAEE
- Lane Minerali, utilizzate soprattutto nell’isolamento termico
- Plastiche, le quali vengono separate in:
– Resine Termoindurenti
– Resine Termoplastiche - Fanghi, liquidi o solidi
- Guaine e Membrane Bituminose
- Terre e Rocce Contaminate
- Rifiuti dell’edilizia
Non solo. I Decreti Legislativi 152/2006 e 116/2020 aggregano tra i rifiuti speciali anche:
- Quelli derivati da costruzioni, scavi o demolizioni;
- Rifiuti derivanti da attività agricole o agro-industriali, comprese silvicoltura e pesca;
- Rifiuti prodotti durante lavorazioni industriali, artigianali e attività commerciali;
- I fanghi derivati da processi di depurazione acque reflue, potabilizzazione e simili;
- Rifiuti medici e veterinari
- Veicoli non funzionanti e fuori uso.
Classificazione dei rifiuti pericolosi: ecco tutte le classi di pericolosità
Tutti i rifiuti pericolosi, per essere considerati tali, sono formati e/o contaminati da particolari sostanze specifiche. Nel dettaglio, la classificazione dei rifiuti pericolosi sottolinea quali possono essere le loro specifiche caratteristiche di pericolo. Di cosa parliamo? Eccole riepilogate.
Quando i rifiuti sono considerati pericolosi? Essenzialmente quando sono…
- Esplosivi
- Infiammabili
- Comburenti
- Irritanti per cute e occhi umani
- Tossici per alcuni organi, a seguito di un’esposizione ripetuta
- Tossici in caso di aspirazione
- Dalla tossicità acuta, tramite ad esempio la liberazione di gas
- Corrosivi
- Cancerogeni
- Infettivi
- Tossici per la riproduzione umana
- Sensibilizzanti
- Mutageni
- Ecotossici
Inoltre, rientrano nella categoria tutti quei rifiuti che non presentano queste caratteristiche in un primo momento, ma possono svilupparle successivamente. Detto questo, se volessimo fare un esempio di rifiuto pericoloso comune basta pensare a oggetti quali:
- Pile esaurite;
- Medicinali scaduti;
- Prodotti contenenti amianto;
In ogni caso, è chiaro che per identificare al meglio il grado di pericolo di un dato rifiuto è necessaria una sua classificazione ottimale, aspetto che poi agevolerà la sua gestione stessa. Per questo, è fondamentale distinguere quelli pericolosi da quelli no, eseguendo per ciascuno un trattamento specifico.
Codice CER o EER: come catalogare un rifiuto?
Quando i produttori si ritrovano ad identificare una qualsiasi tipologia di rifiuto, associano ad esso un particolare codice CER o EER, sulla base della provenienza e delle peculiarità del rifiuto. Il codice, in particolare, è composto da 6 cifre numeriche, di cui:
- Le prime 2 definiscono il I livello, relativo alla categoria industriale o generatrice del rifiuto;
- Le due successive, terza e quarta cifra, rimandano direttamente al processo produttivo o sub attivitàrelativa al rifiuto in questione, definendo il II livello;
- Le ultime due, infine, si riferiscono alla tipologia specifica di rifiuto creato (III livello).
Quando il CER/ERR è accompagnato da un asterisco, per convezione si tratta di un rifiuto pericoloso assoluto. Se invece il rifiuto presenta codici in forma speculare, relativi ad uno pericoloso e uno no, è necessario approfondire il suo grado di pericolosità attraverso analisi specifiche. Solo in questo modo si potrà definire se le sostanze pericolose superino i limiti consentiti dalle normative vigenti in materia, a partire dagli imballaggi fino al trasporto.